Alzi la mano chi conosce la storia dell’Eparchia di Lungro (Cosenza, Calabria). Presumo pochi. Benvenuta allora l’intrigante ed affascinante storia dell’esperienza cristiana delle comunità di lingua albanese e rito greco, in Calabria, dall’arrivo dei profughi nel secolo XV fino ai nostri giorni. Una storia salita alla ribalta nazionale ed in qualche modo internazionale nel 2019, in occasione delle solenni celebrazioni del primo centenario dell’istituzione dell’Eparchia da parte di Benedetto XV (13 febbraio 1919).
Papa Giacomo Della Chiesa pubblicò il documento “per dare una casa a tutti coloro che, [fuggiti a più riprese dall’Epiro e l’Albania dominati dai turchi] per secoli, spesso con sofferenza, sempre nella gioia di trasmettere ciò che avevano ricevuto, avevano vissuto la loro fede secondo la tradizione orientale con la quale uomini e donne, in fuga dalla loro patria, avevano vissuto e celebrato la propria esperienza di fede che costituiva un legame indissolubile con le proprie radici”.
I titoli dei due volumi che sono stati presentati il 2 dicembre 2021 dal coautore Riccardo Burigana e dai professori Stefano Parenti e Angelo Giuseppe Dibisceglia – Le comunità albanofone di rito bizantino in Calabria (1439-1919) e L’eparchia di Lungro degli italo-albanesi dell’Italia continentale – ne indicano direttamente i contenuti, redatti da specialisti del settore, come Antonio Bellusci e Riccardo Burigana.
Video del convegno
Va però anche detto che non siamo di fronte ad una ricostruzione storico esaustiva delle vicende delle comunità albanesi di rito bizantino in Italia, bensì di una prima presentazione sintetica che contemplando il passato intende guardare avanti: sia con l’obiettivo dichiarato di offrire prospettive per necessari ulteriori approfondimenti, sia con la sommessa convinzione che, in tempi di difficoltà nel dialogo ecumenico e di forti emigrazioni con tutti i problemi ad esse connessi, le dinamiche teologiche e spirituali del cammino dei cristiani albanesi qui raccontate - nella plurisecolare ricerca di una comunione fra le diverse chiese – possa costituire un incentivo per tutti a sperimentare e condividere la ricchezza dei doni di ciascuno, anziché rinchiudersi in casa propria e diffidare dell’altro, quasi si corresse il rischio di “contagiarsi” (per dirla con una parola all’ordine del giorno). Per discepoli intelligenti la storia allora sarebbe veramente “maestra di vita”.